Castelnuovo di Farfa e l'Olio EVO DOP della Sabina

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giovedì 15 luglio 2021

Castelnuovo di Farfa, cultura e tradizioni della Sabina

 

Abbiamo parlato di Fara Sabina, lasciando un accenno su Castelnuovo di Farfa, con l’intenzione di dedicare a questa zona un capitolo a parte.

L’Olio EVO Sabina DOP, dicevamo, comprende oggi un consorzio di imprese olivicole che quest’anno compie 25 anni dal suo riconoscimento europeo di tutela. Alcune aziende si concentrano su un unico cultivar, ma si contano una decina di qualità inserite nel disciplinare del consorzio.

La sua fama di prodotto più amato però affonda le radici nell’antica Roma, dove veniva utilizzato non solo a scopo squisitamente culinario, ma anche cosmetico e farmaceutico: si dice che in questa epoca se ne consumassero più di 22 kg a persona. Galeno, medico vissuto tra il II e il III secolo d.C., definiva questo olio come il migliore del mondo conosciuto.

Ancora oggi i protagonisti del paesaggio della Sabina sono gli ulivi, curati in fila nei terreni delle aziende, spontanei lungo le strade ma anche bellissimi, che accompagnano la nostra vista su tutto il territorio.

A Canneto potete andare a vedere l’Olivone, un albero che conta circa 1.500 anni, annoverato tra i più antichi alberi viventi in Europa. Se volete, potete prenotare una visita tramite l’Ufficio Turistico di Fara Sabina, che si trova a fianco del Museo Civico Archeologico in Piazza del Duomo.

Nel terreno attiguo la Chiesa di San Donato sono stati messi a dimora 30 alberi di ulivo provenienti da tutto il mondo - uno di questi proviene dal Giardino del Getsemani - che formano il Giardino degli Ulivi del mondo.

La Chiesa di San Donato è datata al IX secolo. Ormai gravemente danneggiata e sconsacrata, è stata ristrutturata dal Comune di Castelnuovo di Farfa e ricostruita nelle parti mancanti con intelaiature metalliche e pannelli trasparenti, per lasciare al luogo la giusta essenzialità e sacralità.

Anche la Chiesa di San Donato e la Collina del Giardino degli Ulivi fanno parte del percorso museale che potete prenotare con visite guidate tramite l’Ufficio Turistico – altrimenti per questa escursione preparatevi a percorrere strade poco agevoli e non sempre ben indicate.

Il luogo che oggi racchiude in sé questa millenaria tradizione è il Museo dell’Olio di Castelnuovo di Farfa e il suo antico borgo.

Il Museo dell’Olio di Castelnuovo di Farfa è il museo del materiale - l’olio - e dell’immateriale, rappresentato dall’Arte. È il museo dell’antico e del contemporaneo. Ma lasciamo stare i dualismi e andiamo per ordine.

Negli anni ’80 del novecento inizia la ristrutturazione del cinquecentesco Palazzo Perelli, acquistato dal Comune anche per permettere un passaggio naturale dal piano inferiore a quello superiore del paese.

Gli architetti Mao Benedetti e Sveva di Martino in accordo con il Comune, contattarono artisti di fama internazionale. Tra questi anche Maria Lai aderì al progetto, lasciando qui i segni della sua arte matura. Nelle sue opere possiamo sentire il richiamo alle memorie della sua terra, l’Ogliastra, percepire il complesso rapporto tra uomo e natura, in un ciclo continuo la cui origine si perde nella notte dei tempi e solo nel tempo può essere svelato e decodificato.

Tra le opere di altri artisti di fama internazionale, Alik Cavaliere lascia un lavoro incompiuto, realizzato con la tecnica della fusione a cera persa, dove possiamo toccare tronchi d’albero di ulivo che alla vista sono di materia lignea, ma al tatto sono freddi, di bronzo.

Hidetoshi Nagasawa, artista giapponese che non era nuovo ad allestimenti in locali ipogei, lascia l’istallazione dell’Ulivo Viaggiante in una grotta ritrovata in fase di ristrutturazione del palazzo. Il tema del viaggio è sempre presente nelle opere di Nagasawa, che partì in gioventù in bicicletta dal Giappone e attraversò l’Asia per arrivare infine in Italia, dove passò gran parte della sua vita.

Gianandrea Gazzola crea infine l’opera “Oleophona”, che materializza la musica e musicalizza la materia, per vedere il suono che si sviluppa nella fluidità del movimento dell’olio e ascoltare l’immagine degli orci del ‘700, fissati nella stanza dal cemento e dal tempo.

Lungo il percorso al museo, i nostri sensi saranno rivolti alla rivisitazione di un mondo antico fatto di torchi e strumenti risalenti al ‘600. Il linguaggio dell’arte che ci accompagna vuole darci una chiave per scoprire, in un viaggio dentro noi stessi, il senso di un bene immateriale come quello rappresentato dall’Oro verde, simbolo nei secoli della cultura mediterranea.

Anche perché, per dirla con le parole che lascia Maria Lai all’ingresso del museo,

“L’arte non è cultura non è didattica non è socialmente utile”.

Il percorso si conclude con la visita all’Antico Forno del Borgo, che ha funzionato per secoli anche come punto di ritrovo e di socialità per gli abitanti che andavano a cuocere i loro prodotti e non più in funzione dagli anni ’60, dove Maria Lai dedica un’ultima opera, che con un’apparente semplicità fa riaffiorare un passato che deve continuare a vivere nel presente e oltre.

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